AutoTune: Freddie l'avrebbe usato?
L'Auto Tune fa la propria comparsa discografica nel 1998 nel celebre Believe (singolo e album) di Cher. Viene utilizzato non tanto per correggere le frequenze vocali aggiustando l'intonazione, ma per dare alla voce un sapore tecno e robotico, sfruttando quelle che potremmo definire "le caratteristiche espressive" del programma. Il sapore robotico viene dato dalla divisione della frequenza modulante in blocchi discreti, per cui da una nota si passa all'altra senza soluzione di continuità. Abbassando il gate diminuisce la sonorità robotica e il lavoro sulle frequenze vocali risulta più morbido, fino quasi a non venir percepito. Ma, è qui il punto, non viene percepito da orecchi poco allenati, mentre ascoltatori allenati e professionisti della musica si accorgono subito della pitch correction.
Ciò vale anche quando il programma viene usato con professionalità e discrezione.
Case in point, l'intervento di AutoTune sulla voce di Michael Buble, che viene proposto in un video di Wings of Pegasus, a confronto con la voce naturale di Freddie Mercury, scelto per i suoi acuti spericolati ma intonatissimi (e che per ragioni anche cronologiche, non ha sperimentato la pitch correction, essendo scomparso nel 1991). La voce di Buble, per quanto ancora naturale, risulta forse troppo intonata, con un effetto rassicurante ma poco espressivo.
Rimane aperta la questione se l'AutoTune sia un pericolo o meno per l'evoluzione della musica. Se c'è un pericolo io lo vedo in questi termini: l'AutoTune, per il suo uso pervasivo, non viene più percepito come una manipolazione tecnologica, ma come il sound dei nostri anni. Questo equivoco potrà favorire, come un cavallo di Troia, l'accesso alla musica composta dall'Intelligenza Artificiale: le voci reali ritoccate con l'AutoTune e quelle artificiali create dai programmi digitali, saranno del tutto indistinguibili.
E se tra autori musicali e macchine non ci sarà più differenza, non è difficile prevedere quale sarà la scelta del mercato.
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