Prendi "Sad Song" e rendila più bella.
Nel 1974 esce Berlin di Lou Reed. È un concept album, di gran moda nei Seventies: le canzoni sono collegate da un unico filo narrativo. Per il tema melodrammatico (e gli arrangiamenti orchestrali) verrebbe da definirlo anche rock opera, eppure rispetto alle principali opere rock dell'epoca (da Tommy degli Who a Ziggy Stardust di Bowie e The Lamb Lies Down on Broadway dei Genesis) racconta una storia rarefatta e intimista. Scritta più dal destino che dai protagonisti, è inevitabile e senza colpi di scena. Più oratorio o reading poetico che opera da mettere in scena.
Nelle 10 canzoni Jim ricorda le tappe finali della propria vita matrimoniale con Caroline, descrivendola con il tono distaccato di un verbale della buoncostume. La tossicodipendenza, la depressione, la prostituzione, la violenza verbale di Caroline, la violenza fisica di lui, il sequestro dei figli da parte dei servizi sociali, il suicidio della moglie. Qui e lì si accendono piccole fiammelle di elegia sentimentale, ma vengono subito soffocate dalla cappa del destino: non poteva che finire così. D'altra parte lo stile narrativo e vocale di Lou Reed si presta perfettamente alla psicologia di un tossico all'ultimo stadio: distaccato anche dalle cose più sacre e vitali.
Potrebbe essere deprimente, ma è addictive, una droga esso stesso, ascoltandolo soffri volentieri.
Com'è stato recepito all'epoca dalla critica? Male. Il Rolling Stone ha addirittura parlato di disastro. Evidentemente l'epoca chiamava opere di impegno politico, civile e generazionale, e una storia di tossici è fuori dalla vita e dalla storia. Vale però ricordare che il Rolling Stone nel 2012 ha rivisto le proprie posizioni, tanto da inserire Berlin al 344° posto degli album più importanti di tutti i tempi.
Post settings Labels No matching suggestions Published on 10/24/23 5:51 PM Permalink Location Options Post: Edit Loaded more posts.
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